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la buca della salvezza



Se passate da via Alloro, nel cuore dell’antico quartiere arabo della Kalsa, tra la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis e la chiesa della Gancia, noterete sul prospetto laterale della chiesa una buca accompagnata da una lapide commemorativa. Si tratta della “buca della salvezza”, legata a un episodio del Risorgimento cittadino che non tutti conoscono. Correva l’anno 1860 e proprio dalla chiesa della Gancia partì un tentativo si sommossa, conosciuto appunto come “la rivolta della gancia”, subito sedato dalle truppe borboniche. La via Quattro Aprile, che collega Piazza Marina con via Alloro, ricorda proprio questo primo tentativo di ribellione antiborbonica che anticipa di due mesi l’entrata di Garibaldi a Palermo. Due rivoltosi, Filippo Patti e Gaspare Bivona, trovarono rifugio nella cripta della chiesa e lì rimasero per cinque giorni, in preda al freddo e alla fame. Per i due la fuga era impossibile, visto che la via era sorvegliata dai soldati borbonici, ma è qui che entra in gioco l’ingegnoso intervento degli abitanti del quartiere.
 


Il rione era allora chiamato “degli Scopari” perché qui lavoravano coloro che fabbricavano scope di vario tipo, e le donne, le "scopariote", erano famose per il loro irruente carattere popolare e per le furiose "sciarre" (le liti) tra vicine di casa.
Fu così che misero in scena una lite talmente furibonda da attirare le milizie che sorvegliavano la via
che dovettero avvicinarsi per sedare gli animi.
 In quel frangente, approfittando della mancata sorveglianza e della confusione inscenata poco lontano, i due rivoluzionari
riuscirono a fuggire passando proprio attraverso la buca nel muro che erano riusciti ad aprire precedentemente dall’interno della cripta. La Buca della Salvezza ci ricorda dunque di quando l’astuzia della donne delle Kalsa riuscì a mettere in salvo la vita di due concittadini insorti permettendo così alle "scopariote" di guadagnarsi un loro posticino di merito nella storia del Risorgimento palermitano.

 
 
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